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Valerio PastoreNov 5, 2025 3:25:23 PM6 min read

Atlas è arrivato. E sta già leggendo il tuo schermo.

Atlas di OpenAI: rivoluzione o nuova minaccia per la privacy dei dati?
9:16

Il nuovo browser di OpenAI promette di semplificare la vita… ma sta anche vedendo tutto ciò che facciamo.  

 

È ufficiale: da qualche settimana è arrivato Atlas, il nuovo browser sviluppato da OpenAI, e promette di rivoluzionare il modo in cui utilizziamo il computer e cerchiamo informazioni online. Era solo questione di tempo: il monopolio di Google nella ricerca sta vacillando, e un nuovo gigante tecnologico è entrato nell'arena con una proposta radicalmente diversa. 

Ma stavolta non si tratta solo di un cambio della guardia. Stiamo assistendo a un cambio di paradigma che tocca il cuore stesso della nostra privacy digitale. E credetemi, dopo anni passati a progettare sistemi di protezione dati e a depositare brevetti in questo settore, so riconoscere quando una tecnologia attraversa quella linea sottile tra innovazione utile e potenziale minaccia sistemica. 

AdobeStock_1743238163_sqIl Grande Fratello con l'interfaccia user-friendly 

Con Atlas non stiamo più semplicemente "navigando". Stiamo interagendo in un modo completamente nuovo. Ogni nostra azione, ogni clic, ogni finestra sullo schermo diventa ora un'immagine che viene elaborata da un modello di intelligenza artificiale in tempo reale. Non stiamo parlando di tracciamento tradizionale: stiamo parlando di visione artificiale applicata a tutto ciò che facciamo al computer. 

Pensateci un momento: il browser non si limita più a memorizzare quali siti visitiamo o a piazzare cookie. Ora vede letteralmente cosa c'è sullo schermo. Vede i vostri documenti aperti, le vostre email, i vostri fogli di calcolo, le vostre fatture. E non solo li vede: li interpreta, li comprende, li elabora. 

Mi viene in mente quando, anni fa, ho brevettato un sistema per bloccare la cattura dello schermo – una tecnologia che oggi è utilizzata attivamente in ambito enterprise per proteggere informazioni sensibili. All'epoca, quando ne parlavamo con i colleghi, non era nemmeno nei nostri pensieri più remoti che potesse arrivare un browser capace di catturare lo schermo durante la navigazione, non come backdoor malevola ma come feature principale, come assistente "utile". 

Eppure, eccoci qui. 

Dalla teoria alla pratica: quando l'intuizione diventa necessità 

La mia esperienza nel settore mi ha insegnato che le minacce alla sicurezza dei dati hanno sempre un passo di anticipo sulla consapevolezza collettiva. Quando qualche anno fa ho iniziato a osservare le prime attività di scraping massivo da parte di AI trainers – quegli spider automatizzati che raschiavano interi siti web per addestrare i modelli linguistici – mi sono posto una domanda: "Cosa succede quando questa capacità di estrazione dati entra direttamente nel browser dell'utente?" 

La risposta è stata FileGrant. 

Ho depositato il brevetto per quello che è oggi il primo sistema al mondo capace di bloccare lo scraping dei dati direttamente nel browser, impedendo alle AI di "leggere" e "memorizzare" il contenuto dei documenti condivisi. Subito dopo il deposito, questa tecnologia è diventata una funzione distintiva di FileGrant, la nostra piattaforma di file sharing sicuro che oggi compete con colossi come Microsoft, ma con un approccio radicalmente diverso alla protezione dei dati. 

Perché oggi questa tecnologia è più rilevante che mai? Perché fino a ieri, i sistemi di advertising e tracking si limitavano a registrare quali siti visitavamo o, al massimo, tracciavano heatmap con i movimenti del mouse per capire dove cliccavamo più frequentemente. Erano sistemi "ciechi" nel senso letterale: non vedevano il contenuto, raccoglievano solo metadati comportamentali. 

Con Atlas, invece, le regole del gioco sono cambiate completamente. L'AI vede ciò che accade sullo schermo nel vero senso della parola. Interpreta le nostre intenzioni, elabora un'azione e la esegue autonomamente. È un potere incredibile per la produttività... ma anche un rischio enorme per la sicurezza dei dati. 

La tempesta perfetta: AI + GDPR + Shadow IT 

Ed ecco dove la questione si fa davvero critica. Cosa succede quando il browser – e quindi l'intelligenza artificiale che lo alimenta – "cattura" dati riservati, informazioni personali di clienti, documenti finanziari, strategie aziendali confidenziali? 

Rischiamo di violare il GDPR, il NIS 2, DORA o altre normative sulla protezione dei dati senza nemmeno rendercene conto. E il problema non è teorico: è maledettamente concreto. 

In un contesto aziendale, dove gli "shadow AI" – quegli strumenti di intelligenza artificiale che i dipendenti utilizzano di nascosto dai dipartimenti IT – proliferano in modo incontrollato, il pericolo è reale e presente. Ogni giorno, in migliaia di aziende, qualcuno sta caricando dati sensibili su ChatGPT, Claude, Copilot o altri assistenti AI, spesso inconsapevole delle implicazioni legali e di sicurezza. 

Ora aggiungiamo Atlas a questo scenario. Un browser che per sua natura "vede" tutto ciò che è sullo schermo. Non serve nemmeno fare upload consapevole: basta che un documento sensibile sia visibile mentre l'AI è attiva. 

La domanda non è "se" ci sarà una violazione dei dati, ma "quando". 

Come possiamo proteggere i nostri dati? La risposta è nel design, non nella paura 

Vorrei essere chiaro su un punto: la soluzione non è fermare l'AI o tornare indietro a tecnologie obsolete. L'intelligenza artificiale è qui per restare, e francamente, se usata bene, può essere uno strumento straordinario. Il problema è usarla con consapevolezza e con gli strumenti giusti. 

Dopo anni di lavoro in questo campo, posso identificare tre pilastri fondamentali per proteggere i dati nell'era dei browser AI:

  1. Condivisione intelligente: solo lettura come default

    Il primo errore che vediamo costantemente? Condividere documenti con permessi di download quando non è necessario. Ogni volta che permettiamo il download, perdiamo completamente il controllo su quel file. Può essere copiato, redistribuito, caricato su AI, modificato.

    La regola dovrebbe essere semplice: condividere sempre in modalità di sola lettura, a meno che non ci sia una ragione specifica e documentata per fare altrimenti. Sembra banale, ma è il primo livello di protezione che la maggior parte delle organizzazioni trascura.

  2. Protezione nativa contro lo scraping AI

    Qui entra in gioco la tecnologia che ho sviluppato e brevettato. Non basta più affidarsi a PDF protetti da password o a semplici watermark (che l'AI può facilmente leggere e ignorare). Servono modelli di protezione nativi che blocchino attivamente lo scraping e la cattura di contenuti da parte dei browser AI come Atlas, ChatGPT o Copilot.

    Questi sistemi devono operare a livello di rendering, impedendo all'AI di "vedere" il contenuto anche quando è visualizzato sullo schermo. È una sfida tecnica complessa, ma è esattamente ciò per cui abbiamo progettato FileGrant: creare un layer di protezione invisibile all'utente ma impenetrabile per le AI.

  3. Strumenti progettati per la sicurezza, non adattati

    Ed è qui che molte aziende sbagliano. Utilizzano strumenti di file sharing generici – Dropbox, Google Drive, OneDrive – e poi cercano di "rattopparli" con policy e formazione degli utenti. Ma se lo strumento non è stato progettato from the ground up per la sicurezza nell'era dell'AI, nessuna policy potrà compensare le sue vulnerabilità strutturali.

    FileGrant è nato esattamente per questo motivo: non è un servizio di storage adattato per la sicurezza, ma una piattaforma di protezione dati che include funzionalità di sharing. La differenza potrebbe sembrare sottile, ma è fondamentale. Quando abbiamo iniziato a svilupparlo, ChatGPT era ancora agli inizi, Atlas non esisteva nemmeno nei documenti di progettazione di OpenAI.

    Eppure avevamo già chiaro dove sarebbe andata l'industria. E oggi, con l'arrivo di Atlas e di browser simili che sicuramente seguiranno, l'utilità di strumenti come FileGrant diventa non solo evidente, ma essenziale.

 

Il futuro è già qui. Siete pronti? 

Atlas rappresenta solo l'inizio. Nei prossimi mesi vedremo moltiplicarsi browser AI, assistenti sempre più integrati nei nostri sistemi operativi, agenti autonomi capaci di eseguire compiti complessi. È una rivoluzione che non possiamo (e non dovremmo) fermare. 

Ma possiamo – e dobbiamo – prepararci. Le aziende che sopravviveranno e prospereranno in questo nuovo scenario saranno quelle che avranno capito una verità fondamentale: nell'era dell'AI onnipresente, la sicurezza dei dati non può più essere un ripensamento. Deve essere il fondamento su cui costruire ogni strumento, ogni processo, ogni interazione digitale. 

Chissà dove ci porterà questa nuova era? Una cosa è certa: se non agiamo ora per proteggere i nostri dati, lo scopriremo nel modo più doloroso possibile. 

Vuoi saperne di più su come proteggere i tuoi documenti sensibili nell'era dei browser AI? Scopri FileGrant e le sue funzionalità uniche di protezione contro lo scraping e la cattura non autorizzata di contenuti. 

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Valerio Pastore
Valerio Pastore è un esperto di cybersecurity e inventore di brevetti nel campo della protezione dei dati. Fondatore di CyberGrant, ha sviluppato tecnologie innovative per la prevenzione della perdita di dati (DLP), la sicurezza basata su intelligenza artificiale e la crittografia quantum-proof, oltre a sistemi avanzati di protezione contro lo scraping AI.

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